PER NON DIMENTICARE

Pasquale Di Lena al Consiglio Comunale del 27-04-2010



Due giorni fa l’anniversario della Festa della Liberazione dell’Italia intera dall’occupazione nazista e la fine del fascismo, una dittatura, che è durata 25 anni, di miserie e di morti, con guerre e sconfitte pagate con il sangue dei nostri padri e lutti delle nostre mamme.


Io, bambino, ricordo quel colore dominante nelle case, come nelle vie e nelle piazze, il nero, non più delle camice nere, ma dei vestiti e dei fazzoletti delle donne segnate dal lutto.


Ricordo le celebrazioni del 4 novembre e quella grande macchia nera, composta da nonne, mamme, sorelle, figlie e nipoti dei nostri caduti e delle tante vittime della guerra, anche quella, come tutte le altre e quelle in corso d’opera comprese, voluta dai padroni che, allora, qui da noi, nel sud, erano i proprietari terrieri, i latifondisti e che al nord trovavano alleanze forti con i nuovi padroni dell’industria e della finanza.


Anch’io, vestito a lutto, ero un protagonista di questi momenti e, spesso, oggetto della retorica di chi prendeva la parola in quelle occasioni.


C’era in tutti, nelle donne in particolare, la sensazione del vuoto lasciato dalle persone che non sarebbero più tornate, ma, anche, intorno, la voglia di sperare in un domani migliore.

25 Aprile la fine di un incubo con la liberazione e, nel contempo, il giorno della speranza, della ripresa.


L’incubo della mancanza di libertà; della sopraffazione; della galera, per aver difeso il proprio pensiero, la propria idea; della discriminazione; del bisogno del pane; della dittatura, della morte e del lutto; delle guerre e della guerra che i partigiani avevano combattuto sulle montagne, anche sulle montagne del nostro Molise (vedi monumento di Monte Morrone) e che avevano vinto con l’aiuto delle forze alleate.


Con la liberazione di Genova, l’inizio della resa e della riconsegna delle grandi città del Nord, che segna la fuga e la sconfitta definitiva del nazismo e del fascismo straccione.


Genova è la resa di un generale tedesco che si arrende a un partigiano, un operaio di Empoli, Remo Schiappini, che ho avuto l’onore di conoscere ed ascoltare più volte nei tanti incontri che ho avuto con lui a Firenze e nei tanti interventi che gli ho sentito fare nelle sedi del Partito Comunista e nelle piazze della Toscana.


25 Aprile la fine di un incubo, grazie alla guerra di liberazione, combattuta da migliaia e migliaia di partigiani, oggi, con il loro esempio, attuali come non mai, che meritano il riconoscimento di uomini amanti della libertà propria e degli altri, della democrazia; il ricordo per quello che hanno fatto e l’insegnamento che hanno dato.


Fine di un incubo anche per tanti giovani militari che si sono ritrovati dentro la guerra senza sapere cosa fosse e quale sarebbe stato il loro destino.


25 Aprile il grande giorno della liberazione dell’Italia. Il giorno che ha saputo raccogliere sacrifici e passioni di milioni di italiani e dar vita, con la riconquistata della libertà, ai processi di rinascita del nostro paese e di crescita democratica, non senza conflitti e scontri anche duri, ma nel rispetto pieno dei valori conquistati. In particolare la libertà, il diritto al lavoro e il ruolo dei lavoratori, la pace, la uguaglianza di ogni cittadino di fronte alla legge, la solidarietà e, cosa preziosa, l’unità culturale, non solo geografica, dell’Italia. Quella unità che oggi viene messa in discussione, insieme alla solidarietà, dalla Lega, la vera forza di governo dell’Italia, nel momento in cui ha in pugno Berlusconi, di questi primi anni del secolo appena iniziato.


Nel tempo, ma, soprattutto, negli ultimi due decenni che hanno visto l’entrata in campo di Berlusconi e la nascita del berlusconismo, cioè la diffusione di una cultura, che è diventata egemone, quella del gossip e dei programmi indecenti delle sue televisioni, diventate bancarelle che propongono merce spesso scaduta e altoparlanti degli umori e dei desideri del padrone e degli stomaci dei servi.


Una egemonia culturale che, oggi, subiamo e che ha fatto presa sulla maggioranza degli italiani. Essa, a mio parere, rappresenta il pericolo vero che vive il paese, quello che è facile combattere e sconfiggere se tutte le forze che si dichiarano contrarie e si mettono insieme per esprimere una egemonia alternativa capace di riproporre i valori .


Valori basilari della partecipazione, del dialogo, del rispetto, della conivenza civile, della libertà, della giustizia, del rapporto stretto e necessario uomo-natura, sconvolto da scelte basate sulla pura speculazione, la distruzione delle risorse che ci appartengono e sono tanta parte della nostra identità, e, non del facile guadagno e facile arricchimento di pochi, a scapito di un impoverimento di molti.

Valori riportati nella Carta Costituzionale dai nostri padri costituenti, la gran parte dei quali segnati dalla dittatura fascista e dalla guerra.


Valori che, oggi, si vogliono cancellare per far piacere a chi teme la giustizia, nega perché considera lo Stato alla stregua di una sua azienda e non accetta di essere messo in discussione.


I partigiani, gli uomini che hanno dato un fondamentale contributo a liberare il Paese e a far nascere una Italia nuova, avrebbero da ridire di fronte ai pericoli che vive il nostro Paese. La democrazia nelle mani di uno che vuole (l’altro giorno ha fatto anche le prove con le televisioni unificate per un discorso sbagliato alla nazione) il presidenzialismo, considera la costituzione carta straccia, comunisti, o delinquenti, i magistrati, i giornali e i giornalisti (non importa se la gran parte suoi o della famiglia o sul suo libro paga ); considera gente che non onora l’Italia i Saviano e chi racconta la mafia, e non la mafia e i mafiosi, cioè quelli che hanno tolto l’anima alle nostre regioni più belle e più ricche di storia, natura, ambiente, tradizioni e, da decenni, stanno imbrattando l’immagine dell’Italia.


Altro che Saviano, al quale bisogna dire grazie invece di schiaffeggiarlo così ingiustamente.


Ma cosa ci si può aspettare da uno che ha nominato una caterva di portavoci solo per rendere verità le sue bugie o per correggere quello che aveva detto la sera prima; uno che racconta agli ingenui padroni che hanno raggiunto Parma, che il capo di governo (cioè lui) di questo paese “non ha – sono le sue testuali parole – nessun, nessun, nessun potere” (ecco perché bisogna stracciare la Carta costituzionale) per poi (appena due minuti dopo) vantarsi dei risultati straordinari ottenuti da lui e dal suo governo. Con gli ingenui padroni che applaudivano, distratti com’erano dalla fame di fare affari con il nucleare, le energie alternative, il riciclaggio dei rifiuti, le speculazioni edilizie, il ponte sullo stretto di Messina e altro ancora.


Il 25 Aprile, che a voi non interessa o fa paura, visto che non avete avuto la bontà anche di fare un solo accenno; come fa paura la Carta Costituzionale, i suoi principi, i suoi valori, soprattutto quelli che si riferiscono alla libera informazione, al lavoro, alla partecipazione, che è possibile se è nel cuore e nell’anima di chi ha la responsabilità del governo della città e la responsabilità di una istituzione; che ha significato nel momento in cui essa è guida ed esempio, stimolo, cioè diventa fonte di ispirazione di quel vivere civico di cui ha bisogno una comunità che vuole diventare dialogo, solidarietà, voglia di crescita e di progresso, protagonista del proprio domani ricco di una qualità della vita.


Voi avete dimostrato di non essere all’altezza del compito, nel momento in cui vi siete dimenticati del 25 Aprile, nel momento in cui non avete a cuore il decoro di questa nostra città; nel momento in cui create caos, disordine e abbandono del centro storico; nel momento in cui voi considerate questa fondamentale assise solo un rituale da sopportare, e, non il luogo alto della partecipazione e del confronto dialettico; della indicazione di percorsi, strade che aprono prospettive ai nostri giovani dando a loro la possibilità di volare, realizzare i propri sogni in questo paese o andando nel mondo, senza, però, la necessità di dover scappare.


Nel momento in cui calpestate le regole più elementari e ritenete il Bilancio, cioè l’atto fondamentale, il polso di un’amministrazione, del suo modo di governare come uno di 10 punti all’odg., non avete fatto altro che spogliare questo Consiglio comunale della dignità rimasta. In questo senso dico che avete dimostrato di non essere all’altezza del compito e della fiducia che l’elettore larinese vi ha dato.


Poi ci sono i pessimi risultati, il niente del vostro amministrare in questi due appena passati.


Lo scorso anno, dopo un anno del vostro insediamento, in occasione della presentazione del vostro 1° bilancio, mi sono assunto la responsabilità, dopo una spiegazione molto articolata nel corso del mio intervento, di non votare contro.


In questo mio atto, molto discusso dalla mia parte politica, c’erano una serie di messaggi che volevo trasmettere a voi ed ai cittadini di Larino:
- La consapevolezza che, per il bene di una comunità e della città, si deve avere, nella distinzione dei ruoli, propositivi.


Ricordo i promemoria per l’ospedale e la proposta avanzata che vi siete lasciare scappare; la soluzione della questione fruttagel, che era persa se non si fosse accettato quel cambio di rotta che, poi, ha portato al confronto ed all’accordo; il contributo e la discussione per la risoluzione dell’area Pip; la risoluzione unitaria sul nucleare e sul bene acqua.


Non mi appartiene la politica del no e so, per esperienza, che una opposizione capace e costruttiva ha la possibilità di governare quando si trova una maggioranza che ha voglia di fare.


Avevo, lo ricordo bene, dato un’altra ragione al mio voto di astensione:
- la fiducia a quattro dei sei assessori i più giovani, escludendo Pontico non perché il più vecchio, ma perché non aveva bisogno della mia fiducia, visto che se l’era conquistata sul campo con la sua presenza ed il suo attivismo; escudendo il vicesindaco, perché è il principale interprete della filiera che, per Larino, vuol dire asservimento e perdita di dignità; il personaggio che, con il consenso del sindaco, ha eseguito alla lettera gli ordini di Iorio, e non solo, riguardo alla questione ospedale.


Un giudizio pesante, me ne rendo perfettamente conto, ma che è dato non da me ma dai fatti, al punto di essere costretto con il mio capogruppo a invitare prima il vicesindaco a riconsegnare la delega della sanità e poi, visto che se la sente appiccicata addosso, a consigliare il sindaco a ritiragliela perché aveva ed ha dimostrato di non essere all’altezza del compito.


Quella fiducia espressa ai quattro assessori con il voto di astensione, con il passare del tempo si è trasformata in delusione per la mancanza di risultati e la situazione in cui versa questa nostra città.


Il traffico, i campi sportivi, la mancanza di iniziative per spendere i luoghi della cultura e della storia; la mancanza di coraggio di chi non condivide niente di questa maggioranza (nucleare, acqua e altre questioni), ma che continua a sostenerla conservando anche la delega di assessore, in un ruolo di forte ambiguità.

E’ di ieri la notizia che tra tre anni parte il nucleare e subito ha preso il via la campagna promozionale e pubblicitaria che vede impegnati insieme governo, imprenditori, Enel e gli amici del presidente, Putin e Sarkozy


E’ di ieri, anche, la notizia del permesso alla caccia delle balene, mammiferi come noi; dell’altro giorno il taglio di alberi secolari a Campomarino, querce e olivi; di giorni fa la caccia al giaguaro, animale in via di estinzione, come tanti che ogni giorno scompaiono senza che ce ne accorgiamo o ce ne preoccupiamo, non sapendo il valore ed il significato di queste perdite, che a noi tolgono l’identità e ai nostri figli il domani per una terra sempre più povera e per un uomo sempre più avido e famelico.


E’ di una settimana fa la notizia che, finalmente, il maggior partito di opposizione ha un nuovo segretario e che questa sera c’è, dopo tante incertezze, anche il gruppo del Pd a sostenere l’opposizione di Larino.


Ne siamo felici perché siamo perfettamente consapevoli che Larino ha bisogno di politica e di partiti, come, del resto, il Paese, se si vuole uscire dalla situazione di crisi e di abbandono e rilanciarlo nel suo ruolo di perno di un circondario, con le idee, i progetti, i programmi, la partecipazione e il coinvolgimento pieno delle persone.

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