Gastronomi si diventa maghi del cibo made in Italy


Figure professionali complete che operano nella produzione, distribuzione, marketing e comunicazione dell’agroalimentare di qualità. Sanno valorizzare le nostre eccellenze in tema di cibo anche come “richiamo” turistico e culturale. I segreti per apprendere un mestiere nella scuola speciale targata Slow Food. E la storia di chi ci è stato: Enrico Ciroi, 31 anni, ora responsabile marketing per il lancio di una linea di prodotti gastronomici. FORMAZIONE: la mappa dei master
di LUCA BALDAZZI
Ambasciatori e promotori del “made in Italy” a tavola. Per diventarlo bisogna studiare materie come formaggi, vino, pasta, salumi, olio d’oliva. E non basta assaggiare, sarebbe troppo facile: occorre conoscere tecnologie, processi e cicli di produzione, segreti e particolarità dei prodotti tipici che rendono la cucina italiana famosa nel mondo. Da qualche anno “gastronomo” non significa semplicemente “buongustaio”, ma una figura professionale completa che opera nella produzione, distribuzione, marketing e comunicazione dell’agroalimentare di qualità.
A valorizzare le nostre eccellenze in tema di cibo, e a sfruttarne tutte le potenzialità anche come “richiamo” turistico e culturale, si impara in una scuola speciale targata Slow Food. È l’Università degli studi di Scienze gastronomiche, con doppia sede in Piemonte (a Pollenzo, nel Comune cuneese di Bra) e in Emilia Romagna (a Colorno, nel Parmense). Qui si formano dal 2004 i manager e i divulgatori del cibo, secondo la filosofia Slow Food del “buono, pulito e giusto” che privilegia le produzioni tipiche del territorio, eque e sostenibili dal punto di vista dell’ambiente, rispetto all’industria alimentare globalizzata.
Una laurea triennale in Scienze gastronomiche, una biennale (magistrale) in Promozione e gestione del patrimonio gastronomico turistico. E poi due master annuali in lingua inglese, in “Italian gastronomy and tourism” e in “Food culture and communication”. Questa l’offerta didattica di un percorso che può offrire sbocchi professionali interessanti. Lo conferma l’esperienza di Enrico Ciroi, 31 anni, che dopo aver finito il suo master nel marzo 2008 lavora come responsabile marketing per il lancio di una linea di prodotti gastronomici: pasta, riso, olio, sughi, confetture, biscotti, tutti “firmati” da Massimiliano Alajmo, chef del ristorante padovano “Le Calandre”, pluripremiato dalla prestigiosa Michelin.
Alla gastronomia nostrana di qualità Ciroi è approdato per passione, dopo aver percorso altre strade. “Mi sono laureato in Relazioni pubbliche nel 2002 – racconta – e ho lavorato per qualche anno nel campo dell’organizzazione e comunicazione eventi. Poi la svolta nel 2007, con il master a Colorno. Eravamo 19 studenti, la metà stranieri: americani, giapponesi, tedeschi, messicani… Già questo è positivo: c’è un ambiente multiculturale, stimolante, ricco di occasioni di scambio”.
E gli studi? “Il master – spiega Ciroi – consiste in nove mesi in aula su analisi sensoriale, storia e geografia della cucina e del cibo, scienze e tecnologie agroalimentari, e poi due mesi di stage nelle aziende. Ma già nei primi nove mesi le lezioni teoriche sono spesso intervallate da viaggi in Italia e all’estero, per fare esperienza ‘sul campo’. Abbiamo visitato caseifici, cantine e vigneti in Francia, Spagna, Croazia, ma anche in Liguria, Piemonte e Sicilia, sotto la guida di agronomi ed esperti per capire le tecniche di produzione”.
Con i corsi teorici, accompagnati da esperienze pratiche e da una buona dose di degustazioni, “si impara soprattutto a valorizzare i nostri prodotti tipici”. Poi con gli stage finali ci si specializza: chi diventa esperto di comunicazione, divulgatore e redattore multimediale in campo enogastronomico, chi sceglie il marketing di prodotti d’eccellenza, chi fa il manager in consorzi di tutela, aziende agroalimentari e di ristorazione o enti turistici.
Ciroi lavora per “Le Calandre”, si è appena visto rinnovare il contratto annuale e sostiene che le opportunità professionali non mancano. “Lo spazio c’è, perché nelle aziende del settore enogastronomico ancora oggi, in molti casi, mancano figure con una formazione specifica. La cultura del cibo è spesso territorio di appassionati o di persone che provengono da altri campi. In molte cantine, ad esempio, chi svolge mansioni commerciali e amministrative spesso non conosce il vino. Invece bisogna sapere di cosa si parla e cosa si vende. Anche per combattere meglio le contraffazioni”.
La chiave, per Ciroi, è “promuovere un’immagine corretta e costruire un’identità riconosciuta del prodotto enogastronomico italiano. In questo settore troppo spesso ciascuno guarda solo al suo orticello. E invece il comparto del buon cibo, anche se è già un’eccellenza nota all’estero, potrebbe fare numeri ancora più rilevanti”.

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