alcolismo x il mensile Il Ponte

In tanti anni di vita all’Enoteca Italiana di Siena, mi sono ritrovato ( non so dire quante volte) a dover scrivere a quotidiani e periodici per rimarcare il modo, per niente giustificato, di criminalizzare il vino come il solo artefice della piaga dell’alcolismo. Soprattutto quando l’articolo, anche quello che apriva a riflessioni serie, come nel caso di quello riportato, a pag. 28 e 29, sul numero di giugno de IL PONTE ,sotto il titolo “un fenomeno preoccupante”, veniva arredato con soli bicchieri e bottiglie ( perfino fiaschi) di vino.
L’alcolismo, proprio perché è sempre più una piaga, è, di sicuro, un “fenomeno preoccupante” che solo una informazione corretta e azioni di prevenzione possono aiutare a limitare, se non ad eliminare.
Avere chiarezza della situazione del fenomeno a me fa dire che il vino, per più di una ragione, può agire positivamente nella lotta contro l’alcolismo, e non aggravare il fenomeno come è facile pensare in una realtà dove solo il vino è uguale alcol.
La verità è che i giovani, e non solo i giovani, dalle nostre parti, si ubriacano con le passatelle a base di birra ( quella che “fa bene”, come diceva una pubblicità che è rimasta nella memoria di una generazione); che le donne, soprattutto le casalinghe, fanno largo uso di amari ed intrugli vari; che i giovani e, purtroppo, sempre più i giovanissimi, saltano da una birra al superalcolico con una facilità e ricorrenza impressionante; che l’abuso di tutte le bevande a base di alcol sta proprio nella quantità ingerita.
C’è un dato che dimostra che il vino non è per niente il protagonista di questo fenomeno ed è, appunto, l’analisi quantitativa a farcelo capire: dai 114 litri procapite di vino consumato in Italia, si è arrivati, alla fine del 2000, al di sotto dei 50 litri, con un calo ulteriore in questi ultimi anni. Mentre il vino precipita nei consumi, si registra la crescita di uso-abuso delle altre bevande a base di alcol e, con esse, l’aumento dei casi di alcolismo soprattutto fra le donne.
Ecco perché il vino non è l’artefice del “fenomeno”. C’è da dire, anche, che il vino, un tempo più alimento che bevanda, è, oggi, con la diffusa qualità, il testimone principe dei nostri territori più belli; il protagonista della convivialità e del dialogo e, come, tale un forte elemento culturale che provoca emozioni, quando esprime la qualità dell’origine e la diversità, o quando raccoglie storia, ambienti, paesaggi, tradizioni, in particolari quelle della buona cucina.
Nessuno – lo dico con la certezza di chi ha avuto la fortuna di progettare “Vino e Giovani” con il motto “Bere poco, per bere bene”, che è stato recepito immediatamente, ed, anche, di verificare i risultati di una “campagna” di iniziative in tutte le regioni italiane, che ha permesso di incontrare migliaia di giovani delle nostre più rinomate università, compresa quella del Molise – ha mai tracannato un bicchiere, tanto più una bottiglia, di vino, ma tutti hanno espresso la voglia di parlare del vino e di capire questo personaggio dalle mille storie, sempre pronte, da raccontare.
Un grande lavoro di educazione e di prevenzione, che, spogliato di ogni ipocrisia, ha dato ottimi risultati.
Ecco perché dico, senz’alcuna paura di sbagliare, che il vino, soprattutto se di qualità, può aiutare ad attutire un fenomeno preoccupante e, che, comunque, limitare all’immagine del vino la ragione di questo fenomeno, è un errore che non porta da nessuna parte e, per di più, non mette in luce le buone intenzioni dell’articolo.
Una critica, questa mia, che non ha niente di polemico, ma solo l’intento di dare un contributo allo sviluppo di una tematica di grande attualità che, IL PONTE, nel rispetto di una sua impostazione editoriale, da me condivisa, ha fatto bene a mettere in evidenza.
Pasquale Di Lena

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